Uno sguardo Retrospettivo

giugno 1940 –  aprile 1945

Repetita iuvant dicevano i latini.  Giova quindi replicare qui, quanto già fatto da altri dotti commentatori della Decima, i risultati da essa conseguiti.  L’esiguità numerica del Reparto, “pochi ma buoni” si potrebbe dire, risultò una carta di valore assoluto e vincente.  Vissero, tutti i suoi componenti nessuno escluso, una vita che oggi si direbbe bipolare, segreta -fatto di eccezionale valenza per un popolo loquace come quello italiano- che tradusse in pieno due modi di dire, uno slogan presente su volantini e avvisi della Grande Guerra: “il nemico vi ascolta, tacete!” e l’altro, derivato dal decalogo: “stai zitto!”  Non li guidava l’esaltazione, che scaturisce da un istantaneo moto d’animo, ma la fredda volontà di preparare, in ogni suo aspetto, un’azione la cui riuscita richiedeva l’accoppiamento armonico delle più elevate qualità legate all’intelletto, al carattere, alla prestanza sia fisica che non.

Un’altra riflessione.   Tullio Marcon, in un competente e dedicato studio sulle casualità sofferte da queste Forze Speciali in relazione a quanto patito globalmente dalla Forza Armata, nel corso di tutto il conflitto, ha provato che –statisticamente- la mortalità durante l’azione dell’incursore fu nettamente inferiore a quella della Regia Marina.   In particolare, l’Arma navale su un organico di 190.000 uomini ebbe 29.000 morti, valore che in assoluto corrisponde al 15%.  La Decima -navale- in 48 azioni (22 con  SLC; 10 con MTM; 16 con i Gamma) impiegò 293 volte i suoi operatori.   Questo valore, che comprende le riserve, include anche i reimpieghi del personale che agì in più di un’azione ed è valutabile in circa 100 unità.   La Decima ebbe in totale 19 caduti e quindi se si considerano i 293 operatori, il tasso di perdite è pari a circa il 7 %, mentre se li si rapporta all’effettivo numero di persone impiegate tale rapporto sale al 10%.   Si ha, quindi, per la Forza Armata un 15% mentre per la Decima solo il 10%.  Questo valore è pienamente congruo e giustificabile, sebbene l’indice di rischio e di pericolosità delle operazioni messe in campo sia stato decisamente elevato, attraverso l’attenta e drastica selezione psicofisiologica del personale effettuata prima dell’incorporamento nella Reparto, l’alto livello addestrativo conseguito nel corso della formazione dell’operatore ed anche la particolare determinazione che questi uomini avevano insita nel loro animo.

Come scrisse dottamente Alberto Satitoni (“Da Lissia alle Falkland”, Mursia – 1987): è sorprendente, ma vero, che nel Mediterraneo –tra il 1940 e il 1943- le artiglierie delle navi italiane, in circa 30 scontri a fuoco, riuscirono ad affondare soltanto due minuscole motosiluranti inglesi di 95 e 45 tonnellate (MTB 639 e MTB 316, il 28 aprile e il 17 luglio del 1943).  Così come la flotta subacquea, seconda al mondo al momento dell’entrata in guerra con oltre 100 battelli, riuscì a colare a picco nel mare di casa solo 10 navi da guerra, nessuna più grande di un incrociatore leggero e 15 navi mercantili compresi tre motovelieri, al prezzo di 66 sommergibili perduti.  A titolo di paragone i tedeschi, con gli U-Boot in Mediterraneo dal 1941, colarono a picco ben 37 navi da guerra, tra cui due portaerei, una corazzata e 95 mercantili britannici.

La centuria del Comandante Borghese, così come li definisce l’Amm. Spigai (Virgilio Spigai, “Cento Uomini contro due flotte!”) riuscì a conseguire successi lontani da ogni immaginazione o rosea prospettiva.   Univoco è anche il parere di storici stranieri al riguardo.  Desmond Young, particolarmente famoso in quanto biografo ufficiale di Rommel, mediamente acido sul comportamento italiano, riconosce che se nell’estate del ’42 le fortune inglesi toccarono il punto più basso lo si deve in buona parte ai successi che la Decima conseguì ad Alessandria, Suda e Gibilterra.  Anche l’Amm. Cunningham (sebbene la sua nave poggiasse sul fondale del porto egiziano) fu costretto a riconoscere che gli incursori italiani erano combattenti fuori del comune.   Ma non solo, anche Donald Macintyre si esprime a favore della Decima senza lesinare aspre critiche, tutte ben articolate, alla “mancanza di coraggio” di Roma e di Supermarina in particolare.  In pratica si vuole semplicemente asserire che i successi conseguiti rappresentano, a tutti gli effetti, qualche cosa di unico e, probabilmente, irripetibile (parafrasando il Com.te Buttazzoni) e sono, a tutt’oggi, motivo di vanto e di infinito orgoglio per il Tricolore.

In questo caso si potrebbe, a giusta ragione, parafrasare Winston Churchill: “mai nella storia italiana così tanti sono debitori verso così pochi”.  Il Premier inglese lo disse in riferimento alla RAF che vinse la Battaglia d’Inghilterra; qui, semplicemente, ci si riferisce all’esempio e al coraggio che fu dimostrato sul campo dell’onore, della gloria e del coraggio.  E i numeri che seguono, per quanto aridi ma che contano, parlano di tutto ciò!

NAVI AFFONDATE O DANNEGGIATE

Corazzata Nelson
33.000 tsl
Alessandria ’41

Corazzata Valiant
32.000 tsl
Alessandria ’41

Incrociatore York
10.000 tsl
Suda ’41

Caccia Jervis
1.700 tsl
Alessandria ’41

Caccia Eridge
1.700 tsl
El Daba ’42

Tre Bastimenti
32.000 tsl
Suda ’41
(tra cui la cisterna Pericles di 8.300 tsl)

Cisterna Sagona
10.000 tsl
Alessandria ’41

Cisterna Militare Denbydale
15.900 tsl
Gibilterra ’41

Motonave Durhan
11.000 tsl
Gibilterra ’41

Cisterna Fiona Shell
2.500 tsl
Gibilterra ’41

Motonave Russa n°1
13.000 tsl
Mar Nero ’42

1 Trasp. Muniz. e 3 Imb.
Armate
Sebastopoli ’42

Sommergibile SC-214
586 tsl
Sebastopoli ’42

Sommergibile SC-32
840 tsl
Sebastopoli ’42

Sommergibile SC-203
586 tsl
Mar Nero ’43

Piroscafo Meta
1.600 tsl
Gibilterra ’42

Piroscafo Shuma
1.500 tsl
Gibilterra ’42

Piroscafo Empire Snipe
2.500 tsl
Gibilterra ’42

Piroscafo Baron Douglas
3.900 tsl
Gibilterra ’42

Piroscafo Raven’s Point
1.900 tsl
Gibilterra ’42

Piroscafo Ocean Vanquisher
7.200 tsl
Algeri ’42

Piroscafo Berta
1.500 tsl
Algeri ’42

Piroscafo Empire Centaur
7.100 tsl
Algeri ’42

Piroscafo Armatan
4.600 tsl
Algeri ’42

Piroscafo USA n° 59
7.500 tsl
Algeri ’42

Piroscafo Pat Harrison
7.200 tsl
Gibilterra ’43

Piroscafo Mashud
7.500 tsl
Gibilterra ’43

Piroscafo Camerata
4.900 tsl
Gibilterra ’43

Piroscafo Orion
7.000 tsl
Alessandretta ’43

Piroscafo Kaituna
10.000 tsl
Mersina ’43

Piroscafo Fernplant
7.000 tsl
Alessandretta ’43

Piroscafo Harrison Grey Otis
7.200 tsl
Gibilterra ’43

Piroscafo Thorshovdi
10.000 tsl
Gibilterra ’43

Piroscafo Stanridge
6.000 tsl
Gibilterra ’43

Nave Pattuglia USS PC 545
300 tsl
Anzio ’44

Nave Sbarco Carri LST 305
1.700 tsl
Anzio ’44

Destroyer Francese Trombe
1.400 tsl
Oneglia ’45

Complessivamente:

oltre 12 Unità da Guerra per oltre  99.800  tsl

30 Bastimenti circa 174.600 tsl

=42 Navi Totali per oltre  274.400 tsl

NOTE

.  tsl   affondate  da  S.L.C.: 88.200

.  tsl   affondate  da M.T.M./M.T.S.M.A: 60.100

.  tsl   affondate  da CB: 2.100

.  tsl   affondate  dal Reparto  Gamma: 59.400, alcune in collaborazione con gli S.L.C.

Da questi numeri è possibile trarre qualche altra interessante conclusione.   Siluri a Lunga Corsa e Uomini Gamma attaccarono oltre l’80% del totale del naviglio nemico colpito.   E questo perché gli MTM, per quanto estremamente letali, avevano un profilo di missione che, dopo le prime azioni e la cattura di un esemplare intatto da parte inglese, risultò prevedibile e relativamente facile da contrastare.   Un altro tallone d’Achille, comune anche ai Maiali, era che questi assetti richiedevano altri supporti per l’avvicinamento, data la loro limitata autonomia.  Sul finire del conflitto, al fine di mitigare i rischi ma di esaltare i successi, la Decima studiò l’impiego di uomini Gamma trasportati dai sommergibili tascabili, sviluppando profili d’attacco su obiettivi imprevedibili, inaspettati e esterni al bacino del Mediterraneo: la prima azione prevedeva di agire contro il porto di New York, mentre la seconda aveva per obiettivo il porto africano di Freetown, in Sierra Leone.   Azioni che, per quanto ben pianificate ed in avanzato di predisposizione, non ebbero luogo col sopraggiungere degli eventi armistiziali.

Un dato finale.  Così come l’ultimo affondamento di un sommergibile italiano fu quello del battello tascabile CB 4 che, nelle acque del Mar Nero e dopo la caduta di Sebastopoli, nella notte tra il 25 e il 26 agosto 1943 affondò il sommergibile sovietico “Šč-203” di 586 tsl.; il Sottocapo Sergio Denti –pilota dei mezzi di superficie e non ancora ventunenne – colse l’ultimo successo della guerra.

Ecco il racconto:  “la Torpediniera francese Trombe era in pattuglia la notte fra il 16 e il 17 aprile 1945 a 14 miglia a sud di Oneglia, quando Zironi e Malatesti la avvistarono.  Quella notte, infatti, avevano preso il mare unitamente all’M.T.M. del S.C. Sergio Denti.   Mentre lo S.M.A. 312 (equipaggio Zironi e Malatesti) aggirava la torpediniera da sud per cercare di attrarre la sua attenzione, Denti lanciò il suo M.T.M carico di esplosivo da 500 metri di distanza in piena velocità.   A 100 metri si lanciò in mare e balzò sul salvagente/schienalino.  L’M.T.M. si schiantò contro la fiancata destra verso prua.  L’esplosione capovolse il salvagente di Denti che venne sbalzato a sua volta in mare.  Non vedendo più il battellino di salvataggio, Denti si mise a nuotare, osservando la nave colpita.  Fu ritrovato al mattino successivo da un’unità francese e catturato.  Trasportato a Nizza, riuscì a fuggire ed a rientrare in Italia poco prima della fine del conflitto”.

Sebbene proposto per un’alta decorazione al valor militare, in giorni di grande confusione e di travaglio, questa proposta non andò mai a buon fine.   La guerra è ormai finita e Sergio Denti è prigioniero a Taranto.  Ma la sua competenza, la sua determinazione e bravura di combattente non sono passate inosservate anche in campo nemico.  Così James Angleton, dei servizi segreti americani (OSS poi CIA), che sta reclutando ex combattenti per una possibile opposizione ai comunisti che vogliono insorgere e prendere il potere in Italia, lo fa liberare e lo arruola.  Denti ne ricaverà anche una retribuzione con la quale aiuterà reduci della R.S.I. e della Decima in particolare, in gravi situazioni di indigenza: fra questi il noto personaggio televisivo Raimondo Vianello.   Poi, il pericolo comunista svanirà e Denti tornerà alla vita civile perché la Marina lo caccerà “per aver prestato servizio continuativo a carattere operativo nella Marina della RSI (X MAS)”.   Ritornato, quindi, definitivamente alla vita civile, Denti recupererà la passione giovanile per l’arte e diventerà un importante gallerista e mercante d’arte: senza mai dimenticare, però, i camerati e l’epopea della X Flottiglia Mas.

Un ultimo episodio che merita di essere raccontato è quello legato alle vicende avvenute in terra ottomana di un impiegato consolare che non sapeva nuotare: almeno all’apparenza!  Si sta parlando di Luigi Ferraro: egli prese parte al 2° conflitto mondiale come Volontario.  Fece domanda e fu ammesso alla Scuola Sommozzatori di Livorno e, ottenuto il brevetto, passò alla X MAS nel Gruppo “Gamma” del quale divenne poi Vice-Comandante ed Istruttore.

Nel maggio 1943 venne inviato in Turchia con l’incarico di compiere azioni di sabotaggio contro mercantili nemici.  Da informazioni pervenute era stato rilevato che questo paese non belligerante stava fornendo minerali di cromo, materiale d’importanza strategica, all’Inghilterra.  Fu quindi deciso di ostacolarne l’approvvigionamento marittimo e, considerando le caratteristiche geografiche del porto di Alessandretta (ovvero Iskenderun), posto di fronte a Cipro, dove i piroscafi si ancoravano in rada a due o tremila metri dalla costa, si pensò che un incursore subacqueo potesse trasportare dei bauletti esplosivi fino alle navi che avrebbe poi minato e si optò quindi per l’impiego di un Uomo Gamma.   Luigi venne quindi aggregato al locale Consolato  italiano prospiciente, tra l’altro, quello inglese.   Al fine di non destare sospetti, Ferraro assunse le parti di un impiegato “imboscato e raccomandato” mandato là per evitare le sorti della guerra.  Inoltre, visto il campo di impiego, a favore degli inglesi giocò la parte del gigione che non sapeva nuotare, al punto tale che nessuno, inglesi per primi, sospettò mai di lui anche a fatti avvenuti.   Fra giugno e agosto 1943 condusse quattro azioni di sabotaggio contro i mercantili nemici, nei porti di Alessandretta e di Mersina.  Nel primo porto applicò, la sera del 30 giugno, due “bauletti” esplosivi alla chiglia del piroscafo greco Orion di 7.000 tsl, carico di minerale di cromo, che affondò il mattino successivo a poche miglia dal porto.   Il 9 luglio, operando dal vicino porto di Mersina, ripeté l’operazione sul piroscafo Kaituna di 10.000 tsl, il quale subì ingenti danni e fu portato ad incagliarsi sulle coste di Cipro per evitarne l’affondamento.   Nuovamente a Mersina, Ferraro ripeté l’azione la sera del 30 luglio, sul piroscafo britannico Sicilian Prince, che però non ebbe a subire conseguenze perché un’ispezione in carena consentì ai palombari britannici di rimuovere i bauletti esplosivi appena collocati.   Migliore sorte ebbe l’azione effettuata il 1° agosto contro la motonave norvegese Fernplant, di 7.000 tsl, carica anch’essa di minerale di cromo ed ancorata nel porto di Alessandretta.   La Fernplant affonderà inesorabilmente al largo della Siria.   A quel punto, esauriti gli esplosivi e le dotazioni operative, rientrò in Italia.  Queste azioni valsero a Luigi Ferraro la medaglia d’Oro al Valor Militare.  Grazie alle 24.000 tsl colpite, Luigi Ferraro detiene il record mondiale per l’affondamento in solitaria del più grande numero di tonnellate di naviglio.   Come si può vedere dalla galleria dei Presidenti di questa Associazione, questo consesso ha avuto l’alto onore di averlo come Presidente, eletto per acclamazione diretta.  Un’ultima nota: terminata la parentesi bellica e compiute le note imprese, inizia la carriera di inventore su scala industriale.  Dal 1947 ai primi anni ‘80 Luigi Ferraro è stato uno dei più fertili inventori di attrezzature subacquee sviluppate per la Cressi Sub prima e per la Technisub poi, da lui fondata nel 1962: tra queste creazioni si ricordano le pinne Rondine in Nuovo ARO e la maschera Pinocchio, ancora prodotte e che probabilmente tutti abbiamo usato e ben conosciamo.

Perché parlare specificatamente solo di questi due incursori?  Anche altri sono degni di tale considerazione, anzi tutti, nessuno escluso! Sono semplicemente due esempi, tra tanti, di come l’italico ingegno, lo spirito di corpo e l’amor di Patria possano portare alla gloria sia propria ma, anche e soprattutto, della Bandiera, del Popolo che la sorregge e della Nazione che la contraddistingue.  Semplicemente questo!

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