Reparto Gamma Licio Visintini

Valdagno: Italiani e Tedeschi in convivenza

Dopo l’ignobile armistizio dell’8 settembre, come si è già avuto modo di dire per il modo con cui è stato consumato, tutte le Forze Armate si trovarono, nell’immediatezza degli eventi, nel marasma più totale.  Solo la X Flottiglia Mas, prima ancora che venisse costituita la Repubblica Sociale Italiana, come Reparto organicamente costituito e organizzato prese posizione tenendo fede all’alleanza dell’Asse e in data 14 settembre 1943, a La Spezia, formalizzò un documento che -oggi- potremmo definire bi-partisan, firmato dal Comandante Borghese con il rappresentante delegato della KriegsMarine in Italia, dove la Flottiglia manteneva tutta la sua integrità, la sua autonomia, la relativa araldica e simbologia.

Purtroppo, le sorti della guerra erano a quel punto immutabili e questo probabilmente sin dalla seconda metà del 1942, in pratica da quando i regnanti Carignano avviarono i primi contatti con le forze alleate per addivenire ad una resa del Regno più o meno mascherata da armistizio. Quindi, dopo il successo dell’operazione Husky e della successiva Avalanche, il viatico aperto dal Gen. Clark e dalle sue truppe, intraprese la risalita dello Stivale verso Roma e il ridotto alpino, ancorché in forma lenta ma progressiva.

Fu necessario quindi ricollocare, anche geograficamente, gli stazionamenti e le basi dei reparti del Nord, specie quelli addestrativi, che al momento si trovavano più esposti all’avanzata avversaria.   Un problema questo che anche la Decima dovette affrontare con la base dei Gamma sita in prossimità di Livorno.   Quindi, nel periodo compreso tra la fine del novembre e l’inizio del mese successivo del ‘43, il Reparto Guastatori Subacquei ed il suo Centro Addestramento, alla cui guida vi erano il TV Wolk e il suo Vice STV Ferraro, lasciarono località la Quercianella (Livorno) con meta Valdagno, in provincia di Vicenza. Contestualmente venne deciso di intitolare il Reparto Gamma ad un eroe della Decima Mas caduto nelle acque di Gibilterra non molto tempo prima. L’eroe in questione, decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare, era il TV Licio Visintini, uno dei primissimi assaltatori giunti a Bocca di Serchio insieme a Tesei, Toschi e Birindelli, nonché il deus ex-machina delle operazioni sulla Rocca Inglese dalla base segreta di Nave Olterra. È stato, infatti, l’ideatore ed il primo Comandante della Squadriglia dell’Orsa Maggiore. Squadriglia che, dopo la sua morte, sotto il comando di Ernesto Notari operò con grande soddisfazione contro il naviglio nemico di volta in volta ormeggiato nella rada di Gibilterra, prima della successiva movimentazione verso Malta o il Nord Africa in supporto all’8° Armata inglese di Montgomery, l’acerrimo antagonista della Volpe del Deserto, il Maresciallo Rommel comandante del DAK, ovvero il Deutsches Afrikakorps. Degno di particolare nota è il fatto che gli inglesi non scoprirono mai questa base segreta, a dimostrazione dell’ingegno e della arguzia di Visintini. Solo dopo il tragico 8 settembre venne rivelata a Londra l’arcano della nave delle beffe, ovvero Nave Olterra.

Ma perché proprio lì?  Beh, come fu fatto per la scelta della base Bocca di Serchio a suo tempo, alcune importanti considerazioni determinarono la selezione della ridente e piccola cittadina veneta:

  • la presenza di una moderna piscina coperta, con annessi impianti sportivi;
  • una posizione strategica nell’ambito della “geografia politico-amministrativa della Repubblica Sociale” ovvero la vicinanza ai suoi Ministeri;
  • la lontananza dal fronte meridionale e l’attiguità al Trentino;
  • un insediamento molto ben organizzato socialmente e ottimamente servito sia da direttrici stradali sia da quelle su strada ferrata, nonché defilato dai grandi centri urbani, oggetto di bombardamenti aerei alleati e non troppo lontano dal mare;
  • la presenza di un moderno ospedale.

Il nucleo iniziale si accomodò in quella che in tempi moderni è diventata la Scuola Media “Garbin”: un bell’edificio a forma di “L” che era anche munito di una palestra, appartenente alla GIL – Gioventù Italiana Littorio- settore maschile.  La palestra venne divisa in due dove una parte fu adibita a mensa e magazzino, mentre l’altra mantenne la sua funzione originale. Nei primi due mesi di permanenza il personale, per i pasti, si appoggiò all’allora Albergo Ristorante La Rosa che recentemente è stata sostituito da una rosticceria posta tra la chiesa di San Giuseppe ed il Red Wall Bar. L’ospedale, moderno e funzionale era poi prospiciente alla piscina stessa, separato da una semplice rete. I Gamma, assaltatori subacquei così particolari, che vennero ospitati nelle strutture cittadine, variarono dai 60 ad un numero massimo di 80-90 e si confusero pacificamente con la popolazione locale.  Essi seguirono, ovviamente, le direttive dei loro superiori defilandosi caparbiamente dalla esasperata ideologia neonazista caratterizzata localmente da spietati rastrellamenti e macabre esecuzioni a cui il Reparto mai partecipò. Infatti, pur collaborando con i tedeschi nel senso generico del termine, essi ebbero sempre una propria autonomia decisionale frutto, come si diceva prima, dell’accordo firmato nel settembre del ’43 con la Kriegsmarine.

Va anche detto che poco dopo il loro arrivo, gennaio 1944, nella stessa località si stabilì un omologo reparto tedesco, denominato LEHRKOMMANDO 700, con cui però gli uomini di Ferraro e Wolk ebbero rapporti di “parentela” decisamente poco approfonditi se non per la pura parte istituzionale vera e propria, tant’è che condivisero, pur con orari distinti e separati, la piscina del Dopolavoro Marzotto, le altre strutture ludiche e qualche rara manifestazione a carattere sportivo.  Meno che meno, poi, ebbero contatti con quella piccola parte tedesca che si potrebbe definire “reparto suicida” del citato Lk 700. Gli ufficiali germanici erano alloggiati presso l’Hotel Pasubio (sopra l’odierna Banca Antonveneta, al primo piano) mentre il resto del personale si stabilì nelle stanze superiori della piscina-palestra della ONB (Opera Nazionale Balilla) area dove poi sorse la chiesa di San Gaetano.  Il totale del personale tedesco, nei momenti di massima affluenza, non superò mai le 120 unità.   La presenza germanica in seno ai Gamma non era di fatto una novità.   Infatti, nella primavera del ’43, il Com.te Wolk accompagnò il Comandante Borghese e il Colonnello delle Armi Navali Masciulli a Berlino, presso l’OKW (Ober Kommando Wermacht), dal Vicecapo dell’Abwehr Zwei. In quel periodo la Germania incominciava a soffrire le prime sconfitte e ad arretrare un po’ su tutti i fronti e, tra tutte le possibili misure prese per arginare questa fase negativa, ci fu quella di scendere in campo anche sul terreno dello scontro individuale. Wolk presentò l’allora quadro di situazione: di fatto per la prima volta venivano dettagliati esternamente alla Flottiglia azioni e aspetti operativi di dettaglio e i tedeschi dell’Alto Comando presero piena coscienza di quella magnifica realtà operativa che, per loro, risultò avanzatissima. E da quell’incontro prese piede la concreta collaborazione tra le due Marine per l’addestramento in “acque” italiane di personale tedesco.  Nel maggio successivo Alfred von Wurzian e Richard Reimann si unirono quindi al personale italiano in addestramento alla scuola Gamma di Livorno, a cui seguirono altri piccoli nuclei.

All’epoca dell’8 settembre erano presenti alla Quercianella sette tedeschi e due di questi, rientrarono in quel di Valdagno per continuare in questa congiunta operazione addestrativa.  I tedeschi, a differenza degli italiani, mandarono in terra vicentina non sempre risorse umane scelte.  Se inizialmente vi fu l’invio di personale già dedito all’attività acquatiche: basti ricordare atleti del nuoto tedesco come Bretschneider, Lindner, Kayer, Bullin, Ohrndorf, e diversi altri campioni anche a livello europeo; OKW iniziò a trasferirvi dapprima elementi presi dai paracadutisti, alpini e personale dai Servizi Segreti e poi elementi raccogliticci dalle unità SS. Questi ultimi erano una dozzina di Ufficiali, degradati, che erano appartenuti al Battaglione “502 – SS Orienburg”, un reparto operativo in Croazia.   L’Orienburg operava contro i partigiani slavi e si distinse in questo particolare compito per atti di cruenta repressione. Alcuni ufficiali, nel corso delle operazioni contro la locale popolazione, non rispettarono quel codice d’onore così ferreo, intransigente e “particolare” delle SS verso la popolazione sospettata di concorrere con la lotta partigiana e quindi disobbedirono agli ordini. Come conseguenza di ciò vennero degradati e trasformati in semplici marinai, nonché indirizzati in questo nuovo costituendo reparto dove, svolgendo pericolose e audaci azioni contro il nemico, avrebbero potuto riscattarsi nell’onore: una sorta di purificazione del corpo e dell’anima al momento indegne di una qualsiasi considerazione per degli ufficiali di questa élite nazista, che così facendo, tra l’altro evitarono il plotone d’esecuzione. Si trattava quindi di personale “difficile”, tra le cui file vi erano traditori (dell’ideologia) e spregiudicati e difficilmente controllabili esaltati e fanatici che non sapevano neanche nuotare, il che è tutto dire! I gamma tedeschi, a differenza di quelli nazionali, completavano il loro ciclo addestrativo, con un corso di combattimento corpo-a-corpo fuori dall’acqua che includeva anche l’uso dell’arma corta da fuoco e, per questo motivo, Berlino distaccò a Valdagno due istruttori, uno relativo all’uso degli esplosivi e l’altro specialista nel Judo. In pratica, una volta assestatasi la rappresentanza germanica, essa risultava così composta: Kriegmarine-Leherkommando 700 a Valdagno; Lehergangslater 701 nell’isolotto di San Giorgio in Alga (VE) e il Leherkommando 700 a Pola (Istria) destinato all’addestramento del personale dei mezzi d’assalto di superficie, mentre L 702 veniva istituito a Bad Tölz in Baviera e Lehergangslater 703 sull’isola di Sylt, un lungo lembo sabbioso a est della penisola dello Jutland, nel Mare del Nord, tra la Germania e la Danimarca.   Era sito vicino alla base della Luftwaffe di List, ma questo insediamento militare non raggiunse mai la piena operatività a causa degli eventi bellici.   Nell’aprile 1944 la Marina tedesca riorganizzò tutti i reparti “L”, ponendoli entro la KdK (Kleinkampfverband der Kriegsmarine) con a capo Admiral Hellmut Heye su ordine diretto del Gross Admiral Dönitz, CSM della Kriegsmarine.

Tornando alle vicende in terra veneta, tutto il materiale in carico ai Gamma venne trasferito dalla Toscana via ferrovia e a mezzo di tre autocarri Fiat, due 34 e un 26.  Inoltre, anche una vettura Topolino, un furgoncino Fiat e una 1100 si trasferirono in terra veneta; il parco mezzi stradali si completava con una motocarrozzina Alce 500, una Gilera 500 e una Benelli 250, quest’ultima di proprietà del STV Ferraro. Inoltre, giunsero anche a Valdagno da Parenzio (Istria) donna Giovanna Visintini (madre delle MOVM Mario -pilota della Regia Aeronautica perito in Africa Orientale- e Licio, Com.te della Squadriglia Orsa Maggiore, perito a Gibilterra l’8 dicembre 1942 partendo col suo SLC da nave Olterra, e a cui sarà intitolato il Reparto Gamma di Valdagno) e la moglie di Licio, la Sig.ra Maria Montella.  Furono inizialmente alloggiate a casa del Com.te Wolk per poi essere trasferite prima presso le suore al Lido di Venezia ed infine nell’isola di Sant’Andrea, sempre a Venezia.

La struttura coperta della Marzotto si presentava allora come un dispositivo sportivo all’avanguardia, era infatti uno dei primissimi impianti al chiuso che permetteva allenamenti indipendenti dal tempo meteorologico e al riparo da occhi indiscreti.  Inoltre la laboriosa cittadina rappresentò un buon nascondiglio per gli assaltatori della X, tanto che la loro presenza veniva giustificata come “periodo di convalescenza medica post-traumatica per azioni di guerra”. Con la popolazione, quindi, c’erano buoni rapporti, così come anche con i tedeschi colà di stanza, anche se in quest’ultimo caso essi erano veramente saltuari. Su ordine di Ferraro e Wolk venivano distribuite alla popolazione cittadina, mensilmente, parte delle razioni di conforto dei Gamma in termini di zucchero, margarina, caramelle e sigarette.

La giornata dell’operatore subacqueo era abbastanza densa di impegni: la mattina allenamento in vasca mentre, nel pomeriggio, attività ginnica, partita a pallone o a pallavolo oppure ludi atletici. La struttura, come già detto, era particolarmente avanzata e disponeva anche di un campo di calcio, uno di pallavolo e una pista di atletica. Quindi, al termine di queste attività, libera uscita fino alle 22.30.  In caserma i Gamma vestivano la tuta blu da lavoro, mentre i tedeschi avevano una tenuta grigia con giubbotto e pantaloni da sommergibilista.   Nella piscina, nel lato più profondo, venne installata una sagoma in legno che rappresentava una porzione della chiglia di una nave, comprese le alette antirollio, al fine di poter simulare abbastanza realisticamente le operazioni di sabotaggio subacquee. In considerazione del fatto che la piscina era dotata di ampie vetrate, alcune delle quali rivolte verso l’esterno e che la piscina e la palestra della GIL erano in effetti parte di un unico ambiente, i Gamma dipinsero di blu le vetrate che si affacciavano sulla palestra-piscina e internamente, sempre all’altezza delle vetrate, vennero posti dei tavolati di legno al fine di proteggere l’interno del caseggiato nel caso i vetri venissero infranti a causa di sempre possibili incursioni aeree nemiche.

Le esercitazioni in mare, invece, avvenivano a Venezia, all’isola di San Giorgio in Alga, nelle vicinanze d’approdo di nave Tampico, un vecchio bastimento cisterna varato a Genova nel 1908 che, nel 1941, venne silurata dagli inglesi per essere poi recuperato. A volte, ma molto più raramente, venivano attaccate, sempre per addestramento, navi che si trovavano li di passaggio come la nave ospedale Tubingen, silurata dagli inglesi a suo tempo nel ’39 e attraccata per un periodo alla Giudecca o il transatlantico Vulcania, varato a Trieste nel 1928 e sequestrato nel porto di Venezia dalle autorità tedesche nel ’43. Nel 1946 il Vulcania, con il gemello Saturnia, venne restituito alle autorità marittime italiane e quindi alla compagnia di navigazione. Riarmato nella sua funzione madre, il Vulcania operò come transatlantico sino al 1974, anno della dismissione e definitiva demolizione.

Mentre a Livorno, alla Quercianella, gli allenamenti in mare erano svolti da gruppi di circa 4 persone che percorrevano diversi chilometri camminando sul fondo equipaggiati con ARO a grande autonomia e scarponi pesanti (da 2,5 kg l’uno) e seguiti da un barchino d’appoggio, a Venezia si utilizzavano, per lo stesso tipo di allenamenti, in luogo della motobarca, i “tacchini”.   Essi erano, di fatto, dei gommoni da 6/8 posti con anelli di gomma a cui poteva essere collegato un motore fuoribordo: il soprannome fu affibbiato quando, durante un trasferimento in treno, da Vicenza a Venezia, un civile, incuriosito dal volume di un grosso borsone, chiese cosa contenesse e un Gamma rispose: “un tacchino, signore”.  E da allora, come per il maiale di Tesei e Toschi, tacchino fu!!!!

Nell’anno e mezzo di permanenza nella città laniera, la presenza dei Gamma non diede mai adito a problematiche di carattere sociale o disciplinare, anche nei giorni particolari della liberazione dell’aprile 1945. La zona, inspiegabilmente se si vuole -oppure no, non divenne mai terreno di scontro tra i belligeranti e le forze partigiane e mantenne questa sua particolare (per gli eventi nazionali) neutralità. Il quadro dirigente dei Gamma, in quei giorni, mediò con i partigiani ed i tedeschi affinché la cittadina e le sue strutture industriali rimanessero al di fuori della cruenza bellica e dello scontro civile. Ci fu un solo caduto, in tutto ciò, il GM Ezio Parigi, spesso dimenticato, scomparso per mano partigiana nei giorni della c.d. liberazione in una missione “antitedesca” a San Lorenzo di Gambugliano (VI) in circostanze abbastanza esasperate e ricche di crudeltà. Vi è, invero, un altro episodio anomalo avvenuto a Montecchio Maggiore, dove molti partigiani perirono a seguito di una grande esplosione che ha un certo collegamento con la sorte del Gamma Parigi. Non è questa, però, la sede per entrare in questo ambito dato che i dati oggettivi sono ancora un po’ evanescenti e più di qualche testimone, ancora oggi, nasconde frammenti importanti di verità.

Le azioni dei Gamma ideate e condotte nel periodo di permanenza a Valdagno non furono molte, anche a causa dei continui sconvolgimenti del fronte. Diverse, invece, furono le operazioni di intelligence che da Valdagno partirono, anche se per la maggior parte rimasero sconosciute. Infatti, il Comando Decima per questo tipo di infiltrazioni ricognitive non si serviva solo dei NP (i Nuotatori Paracadutisti del Com.te Buttazzoni) ma anche di selezionati Gamma che da Valdagno operarono al di là delle linee del fronte, al fine di acquisire dati sensibili sui porti, sui movimenti delle navi in transito e sulle varie e prospicenti infrastrutture militari. Operazioni che venivano svolte in borghese, col grande pericolo che -se colti in flagrante- il trattamento riservato era quello da spia e quindi la fucilazione sarebbe stata l’unica possibile conclusione. Una per tutti fu l’azione del GM Luigi Kalby, svolta nell’estate del 1944 nell’Italia centrale, che gli valse tra l’altro la MAVM e che fornì al Comando Decima importanti informazioni relative ai porti di Napoli e Salerno nonché un quadro generale circa “il clima” che aleggiava nell’area urbana e suburbana di Napoli e Roma. Kalby fu anche colui che all’8 settembre 1943, nella sede di Spezia, ritagliò e rimosse lo stemma sabaudo dalla bandiera di reparto che garriva sul pennone del piazzale della caserma.

“Per tutta la durata del conflitto i migliori sommozzatori al mondo erano gli italiani.  Personalmente li considero un riferimento assoluto, i miei maestri.  Ho molto imparato da loro e tra questi uomini rana conto alcuni dei miei amici migliori.”

Questa lusinghiera dichiarazione venne resa e firmata dal Com.te Lionell “Buster” Crabb, un ufficiale della Royal Navy responsabile di un gruppo subacqueo scelto inglese posto a difesa di Gibilterra, che prendeva spunto dal personale subacqueo della Decima e che tentava, a dir la verità non sempre con successo, di replicare tecniche, percorsi addestrativi e mezzi in uso agli uomini del Com.te Borghese. Si può quindi dire che questa forma di rispetto, reciproca e a completo giro d’orizzonte, è spesso molto comune tra i subacquei in genere e tra quelli che allora venivano chiamati sommozzatori.   Sarà forse per la particolare tipologia dell’attività sottomarina che si creano, con un processo del tutto determinato ma spontaneo e naturale, legami basati sulla reciproca considerazione, sulla stima delle capacità altrui e soprattutto un profondo riconoscimento dell’uomo che sta dietro il vetro di quella maschera che si posa davanti a noi.   Nasce quello che gli anglosassoni hanno da tempo definito come uno speciale sentimento, più forte e temprato di quelli di sangue, una “band of brothers”: un legame particolare, profondo ed intenso, semplice ma integerrimo che unisce il cuore e l’anima delle persone per la vita.    È un legame che non si cerca, che non si trova, ma che ti cerca e che ti trova … per non lasciarti più.   La sua ammirazione per gli italiani giunse a tal punto che, alla fine di ogni lezione, Crabb elogiava platealmente l’operato dei sommozzatori italiani.   Tant’è che dopo l’operazione dell’8 dicembre 1942, la nota BG 4, quando i corpi di due incursori -le Medaglie d’Oro Visintini e Magro- affiorarono esanimi nelle acque di Gibilterra, i due subacquei italiani vennero sepolti in mare con tutti gli onori militari secondo l’uso della marina britannica.  Non solo, le corone di fiori gettate in acqua per il suffragio vennero pagate personalmente da Crabb.   E proprio per questa forma di rispetto verso il nemico verrà criticato ed anche osteggiato sia da colleghi sia dai suoi diretti superiori.

Buster fu sempre vicino agli uomini della Decima, prodigandosi per loro dopo il finto armistizio di Cassibile, facendoli liberare dai campi di prigionia e inventando per loro il particolare status. Infatti, il Com.te Wolk si consegnò agli alleati riuscendo ad ottenere per sé e per i suoi la condizione privilegiata di prigionieri sulla parola, inquadrati nella ANES (Allied Navies Experimental Station). Gli uomini del gruppo “Gamma” ottennero una vera e propria immunità e alcuni di loro furono persino assunti come consulenti nelle Forze Armate degli ex nemici in considerazione dell’esperienza maturata sul campo. Così facendo Crabb liberò molti decumani: i Gamma nel periodo successivo alla fine della guerra operarono lo sminamento dei porti nazionali e portarono a compimento numerosi e difficili interventi sui relitti affondati. Per oltre 18 mesi lavorarono allo sminamento del porto di Venezia e portarono a termine pericolose e complesse operazioni di recupero di materiale bellico, sempre per conto della ANES. Anche nel porto di Genova avvenne la stessa cosa, dove il Com.te Arillo e l’allora Guardiamarina Roberto Serra, pilota di Maiale, SSB e CA, recentemente scomparso alla veneranda età di 97 anni, glorioso socio di questa Associazione, svolsero analoghi compiti: il porto di Genova era stato infatti minato dai tedeschi con oltre 250 ordigni e mine e le operazioni di bonifica richiesero diverso tempo.

Guardiamarina Roberto Serra

Mentre era a Livorno Crabb venne a sapere che il capitano di fregata Ernesto Notari, si trovava in quel di Barga, nel locale campo di prigionia sito in provincia di Lucca. Crabb sapeva che Notari, capo dell’Orsa Maggiore succeduto a Visintini, aveva comandato le due ultime vittoriose operazioni dei mezzi d’assalto italiani contro Gibilterra. Mandò, quindi, un marinaio con una jeep a prelevarlo. E Crabb diventò sincero amico di Notari. A Venezia, come già detto, aveva già fatto ‘“prigionieri” –si fa per dire- gli operatori della X° Mas salvandoli dai campi di concentramento slavi. In quei frangenti, incontra altri sommozzatori, tra cui il tenente Tadini e tramite questi ha contezza che la signora Visintini, vedova dell’ufficiale morto a Gibilterra e seppellito in mare da lui stesso, versa in miseria. Le scrive una lettera di conforto offrendole la possibilità di lavorare come interprete per il suo ufficio, garantendole, di fatto, un certo sostentamento. Cosa che puntualmente avvenne sino al termine di tutte le ostilità. Un altro salvataggio, per così dire, illustre fu quello del Com.te Angelo Belloni che, per aver aderito alla Repubblica Sociale Italiana, al termine delle ostilità fu arrestato dai partigiani e rinchiuso in un campo di concentramento finchè non venne rintracciato da Lionel “Buster” Crabb. Il famoso sub inglese, era un po’ l’alter ego di Belloni, Wolk e Ferraro in campo avverso e come suo solito, gli offrì l’opportunità di creare, sull’isola di Sant’Andrea a Venezia, la già nota ANS, una struttura dedicata allo sminamento dei fondali italiani dagli ordigni che la guerra aveva lasciato, al fine di rendere i grandi approdi commerciali di nuovo sicuri. Angelo Belloni accettò senza meno, ma pose come condizione che tale struttura e tutte le apparecchiature utilizzate, alcune di sua invenzione e realizzazione, al termine dell’attività rimanessero di proprietà della Marina Militare Italiana: cosa che avvenne puntualmente.

Va detto per onor di verità che Belloni era il massimo esperto di materie e tecnologie subacquee, a livello mondiale durante l’ultima guerra.  La Regia Marina e la Decima richiamarono in servizio questo oramai attempato signore, quasi sessantenne (classe 1882), che ha causa delle numerose immersioni, spesso al limite delle capacità umane, era oramai sordo e pieno di acciacchi.  Sotto la sua guida, con quel cuore da giovane virgulto e i bollenti spiriti per cui la parola impossibile non esiste, vennero gettati i semi e i percorsi che portarono, grazie al suo contributo tecnico, la nuova minaccia subacquea a livelli insperati. Fu sempre uno spirito ribelle e al tempo stesso votato alla scienza, alla natura e un parallelo col mitico Jules Verne non è né azzardato né irriverente, dato che cercò di rendere reali alcune delle più ardite fantasie descritte in “20.000 leghe sotto i mari” dallo scrittore francese. Di lui D’Annunzio disse -nella sezione dedicata agli audaci marinai nell’opera intitolata Il Notturno: “testa triangolare, fronte ampia, occhi grandi, intensi come quelli di uno sparviero, senza battito di ciglia”. È un ritratto che, attraverso il parallelismo con il piccolo rapace, rivela l’intelligenza arguta, la grande tenacia, l’estrema lucidità scientifica, la concentrazione, la chiaroveggenza e la strategia di colui che, con le sue intuizioni e le sue invenzioni, ha marcatamente segnato la nascita della tecnica e della didattica subacquea che ancora oggi si conosce e si pratica.

Morì, settantenne, in quel di Genova il 9 marzo 1957. Non si avvide dell’arrivo del tram, mentre attraversava la piazza antistante la stazione di Brignole, perché aveva spento il dispositivo di ausilio all’udito e, nella sua sordità, chissà a quali fantastiche idee stava pensando. Atteso ad un convegno di subacquei, con l’amico Ferraro che lo aspettava, non giunse mai all’appuntamento e spirò sul selciato della strada davanti alle rotaie del mezzo pubblico che lo aveva investito. Così se ne andò l’uomo che aveva sfidato le profondità marine infinite volte esalando il suo ultimo respiro disteso su quella pavimentazione urbana macchiata di sangue.

In un articolo tratto da CORFOLE del marzo 2015 su di lui si legge: “il dimenticatoio politico: il militare davanti all’inventore. Anche se non fu impegnato direttamente in azioni belliche, il passato di militare fascista non ha permesso alla figura di Belloni di essere ricordata e celebrata a dovere. È con un po’ di nostalgia che il figlio Emmanuele ed il nipote Manfredi Vinassa de Regny ammettono che l’amministrazione di Lavagna ha sempre evitato di onorare la memoria del loro stravagante e geniale avo, nonostante le iniziative e il supporto di Cavi di Lavagna e della sua popolazione”.

Di lui il Prof. Roberto Serra, scienziato e ultimo pilota vivente di maiali diceva: “un signore anziano, con indosso una tenuta come tutti gli altri e con i gradi di Capitano di Fregata non sempre in evidenza, che affabilmente approcciava tutti, anche i nuovi venuti. Un vero signore, un gentiluomo in tutti sensi che riusciva a dissimulare molto bene tutta la sua prorompente fantasia e la sua grande e lungimirante visione del mondo.”

Belloni per tutta la sua vita, in pratica, creò strumenti e dispositivi di elevata valenza tecnologica e di pensiero. Solo tra il 1909 e il 1945 brevettò ben 61 invenzioni non solo in Italia, ma anche in Francia, Regno Unito, USA e Germania, moltissime delle quali ebbero applicazioni positive e di successo nella vita quotidiana! Anche nel dopoguerra procreò idee e soluzioni che ancora oggi hanno del geniale. Di sicuro senza Belloni e le sue innovative invenzioni, legate anche alla fisiologia subacquea di cui fu uno dei primi precursori mondiali, i successi conseguiti dalla Decima Flottiglia MAS nel corso delle operazioni di guerra non sarebbero state possibili. I maiali non avrebbero insidiato i porti nemici, i Gamma gli approdi europei, africani e turchi; così come la stella del COMSUBIN, per come oggi la conosciamo, non avrebbe brillato come un faro della notte sin dai primi anni del dopoguerra. Come disse l’Ammiraglio Gino Birindelli -MOVM e pilota di “maiale” nonchè fondatore del Comando Incursori Subacquei postbellico- Angelo Belloni va considerato come: “colui che ha sempre detto la prima innovativa parola nel campo della subacquea mondiale e non solo”.

E su questo, come si è visto, non v’è alcun dubbio!

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